Il Maka Hannya Haramita Shingyo è il 'Sutra Cuore della Perfezione della Saggezza', della
'Saggezza Trascendente' o della 'Saggezza che va oltre'.
In una pagina condensa i 600 volumi della Prajña Paramita.
La letteratura della Prajña Paramita si è sviluppata tra il 200 e il 400 A.C.
La Saggezza a cui allude il titolo del Sutra non è l'ordinaria conoscenza ma la nostra innata,
originale, intuitiva connessione con il Principio Fondamentale che in Sanscrito è definito Prajña.
Una Saggezza che non deriva dalla nostra piccola mente ma scaturisce intuitivamente dalla Grande
Mente, dall'Ordine Cosmico, come amava definirlo Deshimaru Roshi.
Dobbiamo 'usare' il Sutra, viverlo, non leggerlo come si leggerebbe un documento archeologico…
I Sutra non vanno 'vivisezionati' con la mente analitica ma bisogna, in qualche modo, 'respirarne' il
significato.
Nel prologo del Sutra, Shariputra, discepolo del Buddha chiede al suo Maestro come poter ottenere la Perfetta Sapienza e il Buddha, come risposta, chiede ad Avalokiteśvara (Kannon in Giapponese) il Bodhisattva della Compassione e della Vera Libertà di spiegarlo per lui.
Si rivolge ad Avalokiteśvara perché questi vive profondamente, incarna la Prajña Paramita non si
limita a farne oggetto di pensiero ma è in unità con essa.
Shariputra ascolta l'Insegnamento, non dice una parola, con l'animo assetato ascolta la parola del Maestro che conosce ciò di cui ha bisogno.
Quando sediamo in Zazen (e possibilmente anche dopo) stiamo praticando, esperendo, la Perfetta Saggezza.
Lo Zazen è il grande Maestro, ci insegna che se discriminiamo sulla base del nostro ego siamo destinati a soffrire.
Dunque il Sutra si apre così:
Kan jī zai Bōsa-tsu.
Gyō jin Han nyā Hā rā mi tā jī.
Shō ken gō on kai ku.
Dō is-sai kū yaku.
'Il Bodhisattva della Compassione e della Vera Libertà praticando profondamente la Perfezione della Saggezza vede chiaramente che il corpo ed i Cinque Aggregati non sono altro che Vacuità, e, grazie a questa realizzazione, supera la sofferenza (aiuta tutti gli esseri che soffrono)'
'Praticando Profondamente' significa essere capaci di guardare oltre la superficie delle cose.
Riuscire a penetrarne l'essenza riconoscendola Vuota.
I 5 Skandhas, termine sanscrito per 'aggregati', sono: Forma, Sensazione, Percezione, Formazioni Mentali, Coscienza (o consapevolezza), sono anche definiti i 5 ruscelli o fonti dell'esistenza.
Abitualmente quando diciamo: 'me' o 'mio' o 'me stesso' esprimiamo una qualche idea che abbiamo sul concetto di 'essere'. Ma nel Buddha Dharma diciamo che non esiste un sé permanente una realtà che può dirsi separata dal tutto.
Quel che incontriamo e che definamo 'noi stessi' o 'qualcun altro' è il risultato composito di forma, sensazione, percezione, fattori mentali e coscienza. E, all'interno di questa composizione, così come all'interno dei singoli aggregati, non può essere trovato alcun sé separato.
'Il Bodhisattva Avalokiteśvara praticando profondamente la Prajña Paramita vede chiaramente che i Cinque Aggregati nella loro essenza sono Vuoti, e, grazie a questa realizzazione, fu salvato dalla sofferenza (aiuta tutti gli esseri che soffrono).
Nessuna esistenza ha un sé permanente ed è fondamentalmente vuota, vuota, per l'appunto di una realtà separata.
Vuoto, Śūnyatā, Kū 空 o Kara (termine che dovrebbe essere familiare ai karateka) vuol anche dire interdipendente.
Quando prepariamo un dolce dobbiamo unire gli ingredienti: farina, acqua, zucchero, uova, lievito… li mescoliamo, cuociamo ed abbiamo il dolce. Ovvero, diciamo di aver ottenuto una torta. Mangiamo la torta e la torta è reale e la bocca con cui viene in contatto, la bocca che la gusta, è reale. Ma la torta è vuota e anche la bocca è vuota, sono entrambi vuoti di un sé indipendente e separato.
Quello che fa di una torta l'essere torta è la bocca che la gusta e ciò che fa la bocca è quel che vien gustato.
La torta è composta dei suoi ingredienti e la vediamo nella sua forma ma se la pensiamo come un'entità indipendente, questa è illusione.
La torta, come qualsiasi altra cosa, ha una momentanea esistenza in forma di torta.
Quello che fa la torta nella sua transitoria manifestazione non sono solo gli ingredienti ma anche il calore del forno che l'ha cotta, il tavolo su cui è stata impastata, il cucchiaio, le mani di chi l'ha impastata, il cielo e la terra… La torta per manifestarsi in questa forma dipende da ogni altra cosa dell'Universo. La torta è dunque manifestazione della vita universale tanto quanto lo è un essere umano, la forma non è che manifestazione del Vuoto e il Vuoto non è che forma.
Si potrebbe usare anche l'analogia dell'acqua e dell'onda.
L'onda è una espressione dell'acqua, l'onda non è altro che acqua e l'acqua non può essere altro che l'onda in quel preciso momento. Dunque l'onda non ha una sua entità separata, il suo 'essere' è acqua.
Questo è dunque quel che si intende quando si dice 'essere vuoto', essere vuoto significa pertanto 'essere pieno' di ogni altra cosa e vuoto di un sé separato.
Quando il Buddha afferma qualcosa il suo contrario è anche incluso nella sua affermazione.
Non-dualità della dualità.
Vedere le cose come realmente sono, impermanenti e vuote, è il Satori, il Risveglio, la fine della sofferenza.
Questo non significa che si sarà esenti dal dolore, la vita nella sua essenza è dolorosa, ma avremo imparato ad accettare la pena, il dolore, la gioia, come ingredienti della torta che è la nostra vita.
Se comprendiamo questo, e si tratta di una comprensione intima, esperienziale, a cui ci conduce lo Zazen, sapremo accettare ed apprezzare la nostra vita qualunque cosa ci porterà ad incontrare.
Questa maturità è quel che sperimentiamo in Zazen.
In Zazen accogliamo ad ogni momento quel che ci viene incontro: c'è gioia e siamo solo gioia, dolore e siamo solo dolore, con profondo apprezzamento inchinandoci in Gasshō.
Questa capacità di visione è Illuminazione, per questo diciamo che Zazen è la pratica dell'Illuminazione.
La pratica è nel non discriminare, non scegliere, non afferrare né respingere.
Nel Buddhismo Hinayana (Piccolo Veicolo) c'è il tentativo di coltivare il Nirvana evitando il
Samsara: ma il Buddhismo Mahayana afferma che Samsara e Nirvana sono unità e che non si può
trovare liberazione al di fuori della vita e della morte.
La Forma (il Samsara) è espressione del Vuoto.
Se vuoi conoscere il Vuoto non puoi mettere da parte la Forma. Se vuoi toccare il Vuoto, prenditi
cura della Forma, del Vuoto nella sua manifestazione.
O Shariputra, Ciò che vedi è vuoto, vuoto è ciò che vedi. I fenomeni non sono diversi dalla Vacuità,
la Vacuità non è diversa dai fenomeni (Forma non è che Vuoto, Vuoto non è che Forma);
i fenomeni diventano Vacuità,
la Vacuità diventa i fenomeni;
e per la percezione, il pensiero, la volontà e la coscienza vale la stessa cosa.
o Shariputra (accetta!!)
ogni esistenza ha il carattere della Vacuità.
(ogni cosa del Vuoto è segno. E' vuoto/segno):
non c'è nascita né morte,
non c'è impurità né purezza,
non c'è crescita né declino.
Tutti i dharma hanno il carattere della Vacuità, sono vuoto/segno recita il Sutra.
Il Vuoto è la possibilità della forma.
Come l'acqua assume la forma del contenitore così la forma dello Zazen 'informa' le sensazioni, le percezioni, i pensieri che durante Zazen sorgono.
Il nostro corpo e la nostra coscienza assumono la forma dello Zazen.
La forma scaturisce dall'assenza di forma e l'assenza di forma è la scaturigine di quel che è manifesto, e sono unità.
La vita e la morte sono unità (Shūshōgi) Samsara e Nirvana non possono essere separati.
O Shariputra recita il Sutra, accetta tutto ciò, accetta che la natura delle cose sia l'apparire e lo scomparire e sarai libero dalla sofferenza.
In questa comprensione e accettazione tutte le paure scompaiono.
Lo zazen ci insegna che se discriminiamo sulla base del nostro ego siamo destinati a soffrire.
Nascita e morte sono solo concetti creati dalla mente, così puro e impuro.
Noi costruiamo l'idea della purezza e la conseguenza è l'impurità.
Il Buddha afferma che niente è contaminato e niente è immacolato.
All'Imperatore che gli chiedeva riguardo l'essenza dell'Insegnamento del Buddha, Bodhidharma
rispose: 'Kakunen Mushō' 'Un Vuoto insondabile e nulla di Sacro!"
Non c'è niente da migliorare. Questa vita non ha un obiettivo da raggiungere, è un puro viaggio, un gioco.
Il credersi sradicati dal Tutto (Avidyā, ignoranza) è all'origine della sofferenza.
Ci si percepisce come un frammento isolato in un Universo estraneo a causa della mediazione distorta del pensiero. Quel pensiero che misura e divide (mente da mensura= misurare).
Sebbene le cose sembrino apparire e scomparire, nulla è in realtà apparso o scomparso, come le onde del mare non appaiono e scompaiono ma si muovono.
Così puro e impuro: guardiamo alla spazzatura e diciamo che è impura poi guardiamo del cibo e diciamo che è puro… ma in realtà tutto è spazzatura così come tutto è puro cibo.
Ogni cosa si sta 'decomponendo' di momento in momento e, di momento in momento, sta venendo alla vita. Si compone e decompone nello stesso tempo.
Anche se in realtà le cose non sono pure né impure poiché viviamo nel mondo dei sensi dobbiamo prestare attenzione al puro ed impuro così siamo costretti a discriminare e dire: 'Questo è bene' e 'Questo è male', 'Questo è giusto e questo, sbagliato'.
Nella nostra vita quotidiana non possiamo non fare uso di un pensiero dualista, è strumento necessario per muoversi nel mondo della forma, ma, dobbiamo essere in grado di vedere l'altro lato.
La nostra discriminazione non deve fondarsi sul nostro essere ego-centrati: mi piace questo, non mi piace quello. Dobbiamo imparare a spostare la nostra discriminazione da 'me' a 'tutto' decidendo, di momento in momento, a seconda di quello che la situazione richiede per il bene di tutti, non solo per il nostro beneficio.
In genere, quando siamo chiamati ad esprimerci nella maggior parte delle situazioni partiamo dal punto di vista del nostro guadagno invece dobbiamo cambiare la prospettiva.
non c'è crescita né declino (non cresce/decresce)
Tutto cambia e si trasforma ma, nel cambiamento, ogni cosa 'è' sé stessa di momento in momento.
Dōgen Zenji dice: "Il legno non diventa cenere così come la cenere non può tornare ad essere legno'. La cenere, sempre a causa della nostra discriminazione, ci sembra derivare dal legno ma in realtà il legno vive totalmente la vita del legno e la cenere la vita della cenere.
Se poteste chiedere alla cenere: 'Lo sai che una volta eri legna da ardere? vi risponderebbe: ' Di cosa stai parlando? Non so nulla di legna da ardere.'
Così se qualcuno ci dicesse:'Sai che in passato sei stato una roccia in una foresta ?' risponderemmo allo stesso modo.
Entrambi i punti di vista sono necessari: le cose sono quel che sono e allo stesso tempo sono in costante trasformazione.
Perciò nella Vacuità non vi sono né fenomeni, né percezione, né pensiero, né volontà, né coscienza, né occhi, né orecchie, né naso, né lingua, né corpo, né mente,
né colori, né suoni, né odori, né gusti, né sensazioni tattili, né concetti,
né conoscibile,
né conoscenza,
né ignoranza,
né fine dell'ignoranza,
né degenerazione e morte,
né fine della degenerazione e della morte,
né Sofferenza, né Causa, né Cessazione, né Via,
né saggezza,
né profitto,
né non-profitto.
Il Sutra del Cuore è il Sutra della negazione: spazza via ogni cosa per mostrare l'essenza.
Nel Vuoto non c'è occhio, orecchio- naso-lingua-corpo-mente, non più colore-suono-olfatto-gustotatto-pensiero…
Senza oggetto della visione l'occhio non è un occhio. Al fine di avere la coscienza c'è bisogno di un organo e di un oggetto e tutti e tre, organo, oggetto e coscienza sono interdipendenti.
L'occhio, l'oggetto della vista e la coscienza, insieme, fanno sì che io riconosca questo come un libro. Anche se possiamo considerarlo un oggetto in realtà non c'è un oggetto che esiste di per sé nell'accezione comune del termine. L'oggetto è parte della coscienza perché la coscienza 'crea' l'oggetto.
"non c'è naso-occhio…" significa che ogni cosa dipende da qualsiasi altra. Il naso è un naso perché c'è l'odore e la coscienza olfattiva, quindi un naso è un naso ma è anche l'universo intero.
Ci vuole l'Universo intero perché ci sia un orecchio.
Non potrete mai cantare né danzare davvero se non capite questo.
'Non vita né morte…'
Il Buddha dice che non c'è inizio né fine al fiume della vita. E' circolare quindi solo arbitrariamente possiamo stabilire un inizio ed una fine, ma si tratta di una convenzione arbitraria, in realtà stiamo convenzionalmente scegliendo due punti di una circonferenza.
Rinascita, che non ha niente a che vedere con la paura di morire che ci fa sperare di reincarnarci, è trasformazione di energia in altre forme. A volte, è paragonato all'accendere una candela con un'altra. Possiamo dire che una fiamma nacse dall'altra ma non possiamo dire che si tratta della stessa fiamma.
E' una continua trasformazione in cui nulla può essere realmente trattenuto.
La causa della sofferenza risiede nel tentativo di trattenere il flusso della vita.
Per il Bodhisattva, grazie alla Perfezione della Saggezza che conduce al di là (senza velo della mente), non esistono né ostacoli né paura; illusione ed attaccamento vengono allontanati, e può così raggiungere il Nirvana.
Tutti i Buddha dei tre Tempi,
grazie alla Perfezione della Saggezza, ottengono il completo Risveglio.
Si potrebbe anche rendere così: 'Con nulla da ottenere un Bodhisattva si fonda sulla Prajña Paramita e la mente non è più d'ostacolo'.
Pratica e Realizzazione coincidono (Shū Shō Ichinyo)
Non andiamo a scuola per imparare abbastanza per poi andare all'università per poi trovare un buon lavoro per mantenere una famiglia e così via… Così come non mangiamo allo scopo di defecare, affermava Sawaki Roshi parlando agli studenti universitari.
Nella pratica lo 'scopo' è tornare a dove sei. Non c'è nessun luogo dove andare. Il Risveglio è essere dove sei, pienamente, e permettere alla tua mente illuminata di esprimersi.
Così non è che Grande d'Incanto il Mantra,
Grande di Sapienza il Mantra, Mantra Supremo,
Impari Mantra, non falso invero da ogni miseria salva, la Prefetta Sapienza.
Il Mantra si dispiega e dice:
Gyate(i) Gyate (i)
Hara Gyate(i), Hara so Gyate(i)
Boji Sowaka
Andare, andare,
andare insieme al di là,
andare al di là dell'al di là,
fino al Satori.
Sutra del Cuore della Saggezza.
Il Sutra termina dunque con un Mantra:
Gyate(i) Gyate (i)
Hara Gyate(i), Hara so Gyate(i)
Boji Sowaka
oppure
Gate, Gate
Paragate, Parasamgate
Bodhi Svaha
Che viene definito: Mantra Supremo, Mantra di Sapienza.
Il Mantra favorisce l'assorbimento o la concentrazione (un vento puro che scaccia via i pensieri).
Ma in realtà nei 600 volumi della Prajña Paramita non ci sono Mantra così dovremmo chiederci perché il Sutra del Cuore termina con un Mantra.
La nostra vita nella pratica è un Mantra.
La ripetizione, l'esercizio, nella concentrazione della pratica, non è qualcosa di 'ripetitivo', proprio come recitare un Mantra non è 'ripetizione'.
Si crea un dinamismo energetico da questo tornare a Zero attraverso la forma e questo tornare a Zero genera un potere spirituale.
Il programma quotidiano di un dojo, di una Sesshin, è un Mantra. Attraverso il potente, dinamico, Mantra della forma, la Prajña Paramita si manifesta e può essere esperita. Quando offriamo un bastoncino d'incenso, invitiamo Prajña a permeare la nostra pratica, invitiamo il Buddha ad unirsi a noi.
La nostra vita ha un ritmo, per quanto rozza o evoluta possa essere, e questo ritmo è un Mantra.
Sta a noi scegliere che Mantra recitare nella nostra vita.
'Andato, andato…' andato dalla materia, dal corpo, dal tangibile, dalla vita e dalla morte, oltre la mente ed il pensiero, oltre il 'sé', l'ego, 'andato completamente al di là': ha fatto ritorno a casa, Che Risveglio! Che Gioia!
L'andare costantemente 'al di là' deve divenire il modo di condurre la nostra vita, al di là di ogni nome e forma. Questo, potrebbe essere il messaggio, condensato in poche parole, di tutto l'Insegnamento del Buddha. Tu sei un Buddha, e se non ti riconosci tale, soffrirai.